domenica 23 dicembre 2012

Racconto di Natale (1)

Il Natale è un momento speciale di ogni anno. Inutile negarlo. Tutti ne siamo travolti, pur non volendo. Luci e decorazioni, molti più sorrisi e cordialità, auguri e belle parole anche da persone che fino alla settimana scorsa non riuscivano neppure a salutarti. Mi ha sempre sorpreso, il Natale. Sarà che sono allegra e di buonumore o che sono davvero felice quando incontro qualcuno che conosco -quindi non ho problemi a esprimere affetto-, a me il detto "a Natale siamo tutti più buoni" ha sempre turbato.

A casa mia, o meglio, a casa della mia famiglia di quasi tutte donne, il Natale è il momento di tante piccole tradizioni nostre e solo nostre, che mi riportano indietro con la memoria ai miei 6 o 7 anni. Cena della Vigilia seguita da scambio di regali sempre e rigorosamente da Nonna F.

Dovete sapere che Nonna F. è un personaggio davvero particolare. Insegnante di educazione tecnica in pensione, figlia della Fatina (la mia nonnabis, nata il 4 ottobre 1904 e restata con noi fino allo scorso febbraio), porta egregiamente i suoi 83 anni. Passa le giornate rinchiusa in una casa di campagna a litigare con due cani o -telefonicamente- con due sorelle maggiori. Quando non è impegnata in una di queste attività, produce una quantità industriale di maglie, quadri a punto croce, qualsiasi abbriccico fatto a decoupage, gioielli, decorazioni per la casa e vestititini/cappottini/borsine/regalini per le sue bisnipoti Bel e Ludo (ancora in pancia, Ludo vanta un armadio da fare invidia alle più celebri modelle). Dovrò postare una foto perché la mia descrizione non rende bene l'idea: Nonna F. è capace di preparare un paio di maglioni a maglia in una giornata senza nemmeno guardare il lavoro, gli occhi sono fissi sulla televisione, con cui naturalmente litiga. Portata dal geriatra per un controllo di routine, il dottore pronunciò con tono allarmato le seguenti parole: -Signora, ma è un hobby o l'hanno messa ai lavori forzati?

Nel lontano 1957, nonna F. sposò il mitico nonno T.
Il nonno T., il mio secondo amore dopo il nonno G. Alto, no, altissimo. Occhiali spessi una decina di centimetri. Suonava l'armonica a bocca e la pianola (tastiera) senza aver mai preso lezioni di musica. Recitava a memoria parti intere dell'Iliade e dell'Odissea, in greco e in metrica. Il nonno T. era stato messo in collegio da piccolo, lontano dalla sua famiglia, al nord. Era l'ultimo di una quantità sconosciuta di figli (la leggenda dice che fossero 16). Delle poche sorelle che anch'io ho conosciuto mi è pervenuto davvero un numero limitatissimo di notizie. Nessuno sa la loro età, per esempio. Comunque, il nonno T. ha frequentato il liceo classico in Convitto e poi, lavorando come Istitutore all'interno del Convitto, si è laureato in filosofia. Erano gli anni Cinquanta. Trasferitosi dal nord a Roma per lavoro, si ritrovò a insegnare in una scuola maschile situata proprio davanti a una femminile, quella in cui Nonna F. era professoressa di Economia domestica. Il flirt fu immediato, a giugno del 1957 si sposarono e a novembre nacque la mia dolce mammina Teresa. Con un rapido calcolo potrete capire che si sposarono mentre i lavori erano già in corso, ma nessuno l'ha mai raccontato finché la sottoscritta trovò la data del matrimonio dietro a una vecchia foto. La risposta fu egregiamente glissata con un "Sarà sbagliata la data della foto, amore!". (Nessuno dei miei nonni era/è cattolico, ma deve essere stato comunque un vero problema).
Il nonno T. non aveva mai vissuto in famiglia. Non sapeva neppure cambiare una lampadina, tutto quello che toccava cadeva in frantumi (per questo dicono che gli somiglio), era però una persona di un'intelligenza fuori dal comune. Sensibilissimo, innamorato di nonna F. fino al 1997, l'anno in cui è volato via. Orgoglioso della sua famiglia, sapeva riunirci e divertirci. Ancora piango per lui, soprattutto quando fuori tuona. Da piccola avevo paura dei temporali, mia mamma mi abbracciava e diceva: "Non avere paura, è il nonno T. che brontola!". Io ridevo e tornavo a letto. Il nonno T. viveva per la famiglia e per il lavoro. Diventò rettore e preside di un Convitto in Toscana, e così si trasferì con tutte le sue donne.

Sì, perché dopo la mia mamma Teresa, che doveva essere il primo figlio maschio, nacque la zia Dada. E dopo la zia Dada, la zia Tella. A quel punto credo che mio nonno si arrese.

(Gli elementi combinati mi aspettano, to be continued...)

3 commenti:

  1. che bella storia, che sa di altri tempi...aspettiamo il seguito :)

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  2. Ciao MaryPoppins!
    Ti ho trovata con piacere tempo fa e stasera sto leggendo le news che mi sono persa.
    La tua storia è bellissima!
    E' bello (e anche commovente) sentir parlare dei propri nonni... anch'io ne ho avuti due speciali! ;)
    Ciao!

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    1. Grazie Cris! Che invenzione i nonni, se non ci fossero loro come faremmo? Ti abbraccio!

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